La demenza senile, quel processo neurodegenerativo dell’encefalo che colpisce le persone anziane e determina una riduzione graduale e irreversibile delle facoltà cognitive, è in drammatico aumento. Attualmente la prevalenza è dell’8% negli ultrasessantacinquenni e supera il 20% dopo gli ottanta anni. In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600.000 con il morbo di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari. Ma secondo alcune proiezioni, spiegano dall’Istituto Superiore di Sanità, i casi di demenza potrebbero triplicarsi nei prossimi 30 anni nei paesi occidentali.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha definita una priorità mondiale di salute pubblica. Nel 2010 35,6 milioni di persone risultavano affette da demenza, cifra che nel 2015 ha raggiunto i 46,8 milioni, con stima di raddoppiare (74,7 milioni) nel 2030, e triplicare (131,5 milioni) nel 2050, con ogni anno 7,7 milioni di nuovi casi (1 ogni 4 secondi) e una sopravvivenza media dopo la diagnosi di 4-8-anni.
In questo già fosco panorama internazionale, purtroppo il nostro Paese è particolarmente colpito a causa delle caratteristiche della sua popolazione, una delle più anziane in Europa: quasi il 17%, per un totale di 9,5 milioni, ha superato i 65 anni di età. Secondo i dati ISTAT, al 1° gennaio 2013, l’Italia si colloca al secondo posto in Europa, con un numero di anziani di età uguale o superiore ai 65 anni (13,4 milioni), pari al 22% della popolazione totale (dati 2015). In diminuzione risultano sia la popolazione in età attiva di 15-64 anni (39milioni, il 64,3% del totale) sia quella fino a 14 anni di età (8,3 milioni, il 13,7%). Dati che portano a risultati sconfortanti anche per l’indice di vecchiaia, cioè per il rapporto percentuale tra la popolazione in età anziana (65 anni e più) e la popolazione in età giovanile (meno di 15 anni), con un rapporto di 161,1 anziani ogni 100 giovani. Tutto ciò colloca il nostro Paese tra i più vecchi del mondo, insieme a Giappone (indice di vecchiaia pari a 204,9 nel 2015) e Germania (159,9 nel 2015).
Le situazioni dell’infertilità e della bassa natalità del Bel Paese non fanno ben sperare nemmeno per il futuro: secondo le proiezioni demografiche nel 2051 l’Italia avrà 280 anziani per ogni 100 giovani.
Una realtà demografica non scevra di conseguenze. Inevitabilmente infatti sono in aumento tutte le malattie croniche, in quanto legate all’età, e tra queste le demenze. Si tratta di una tragedia per chi ne viene colpito. Più o meno lentamente possono comparire occasionali problemi di personalità e alterazioni del tono dell’umore, lievi problemi di memoria, linguaggio e ragionamento, poi tali sintomi peggiorano, ricordare diventa sempre più difficile, le facoltà cognitive declinano sempre più, fino talvolta ad essere insufficienti per condurre una vita indipendente, per riconoscere i propri cari, talvolta compaiono anche difficoltà di deglutizione e motorie. Una tragedia per chi ne è colpito, ma anche per i suoi familiari. Purtroppo, attualmente la demenza senile è ancora una malattia incurabile, sebbene ad oggi siano in corso numerosi progetti di ricerca per individuare terapie efficaci.